LA QUESTIONE della legge elettorale è molto complicata dal punto di vista tecnico, ma è molto semplice dal punto di vista politico.
Prima di tutto, è pacifico che siamo di fronte ad una sorta di mostro che tutti hanno rinnegato: una “porcata”, come l’autore l’ha definita, con nomi, cognomi e responsabilità precise, costruita a colpi di maggioranza nel pentolone nero di Berlusconi e Calderoli per favorire lo schieramento di destra.
È altrettanto chiaro che la legge espropria i cittadini elettori del diritto di scegliere i loro rappresentanti, consegnando ai leader dei partiti il potere di decidere non sulla candidatura, ma sull’elezione dei loro protetti, o di chi a loro si è venduto: perché abbiamo assistito anche a questo fenomeno, favorito proprio dal potere che la “porcata” assegna ai capipartito.
In passato ci siamo battuti in molti contro le preferenze, oggetto di mercato e di scambio. Ma le procedure elettorali sono strumenti della democrazia e dunque il loro valore d’uso cambia secondo la sensibilità del Paese. In una fase in cui i cittadini chiedono di partecipare direttamente alle decisioni pubbliche mentre diminuisce la fiducia nei partiti, è evidente che il potere di scelta degli eletti va riconsegnato agli elettori: attraverso collegi uninominali che evitano proprio il mercato delle preferenze.
Dopo che la Corte ha bocciato il referendum il Capo dello Stato ha invitato le Camere a raccogliere comunque la spinta al cambiamento. I partiti hanno dunque ora la straordinaria occasione di fare per scelta, in autonomia e libertà, ciò che il referendum li avrebbe spinti a fare per obbligo.
Per i partiti e il Parlamento è un’opportunità e una sfida. Possono essere soggetti del cambiamento della politica, oppure saranno costretti a subirlo. Sono capaci ad aprire subito un confronto per rifare la legge? Ma prima ancora: sono pronti a impegnarsi fin d’ora, subito, a non andare alle prossime elezioni con questa legge elettorale?
Se l’intesa per una riforma non fosse possibile, resta una strada, radicale e decisiva: il Pd, che le ha già sperimentate per la scelta del suo leader, decida che si impegna oggi stesso - se la legge non cambierà - a scegliere tutti i suoi candidati attraverso le primarie. In questo modo, restituirebbe da solo ai cittadini ciò che la “porcata” ha loro tolto. E diventerebbe l’apriscatole del sistema.
Ezio Mauro (La Repubblica, 19 gennaio 2011)